Villa San Giovanni – A più di trent’anni dall’assassinio del giudice Antonino Scopelliti, qualcosa si muove nel silenzio di Piale, frazione collinare affacciata sullo Stretto. Proprio lì, dove il 9 agosto del 1991 il magistrato fu freddato in un agguato mafioso mentre tornava nella sua casa di villeggiatura, gli investigatori della Squadra Mobile di Reggio Calabria e della Polizia Scientifica hanno dato vita a una nuova e dettagliata ricostruzione della scena del crimine.
L’operazione, condotta su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia, punta a verificare la versione fornita dal collaboratore di giustizia Maurizio Avola, che si è autoaccusato come uno dei killer. I rilievi, che saranno oggetto di una prossima informativa alla Dda, sono stati eseguiti utilizzando strumenti e tecniche investigative moderne, nella speranza che la scienza possa colmare i vuoti lasciati dall’inchiesta originaria.
Per la prima volta è stata impiegata la vera auto di Scopelliti, una BMW 318i che la famiglia ha conservato in questi anni. Accanto a essa, una Honda Gold Wing 1200, identica a quella che – secondo Avola – fu usata per compiere l’agguato. Un dettaglio importante, che ha permesso agli investigatori di riposizionare con precisione i veicoli nella curva teatro dell’agguato.
Non solo. La Dda, guidata dal procuratore Giuseppe Lombardo, ha ottenuto dalla Beretta una riproduzione esatta di un fucile a canne mozze calibro 12, modello Arrizabala. Si tratta dello stesso tipo d’arma che Avola ha fatto ritrovare nel 2018, interrata in un terreno del catanese, sostenendo fosse proprio quella usata per uccidere Scopelliti. Le condizioni del fucile originale erano troppo compromesse per analisi balistiche approfondite, da qui la necessità della replica.
Il test – svolto alla presenza della pm Sara Parezzan – mira a riscontrare quanto dichiarato da Avola: tre colpi sparati con un fucile caricato a pallettoni. Verifiche importanti per chiarire dinamiche rimaste incerte per decenni.
Dalle autorità inquirenti non trapelano ulteriori dettagli, ma la rinnovata attenzione sull’agguato al magistrato della Cassazione potrebbe celare nuove piste. In passato, l’inchiesta ha portato a 17 avvisi di garanzia, tra cui nomi pesanti come boss della ‘ndrangheta e di Cosa nostra, compreso Matteo Messina Denaro.
Ora, a distanza di 34 anni, la verità sull’omicidio del giudice Scopelliti potrebbe essere più vicina. (ANSA).