Ponte sullo Stretto: il Governo invoca motivi di interesse pubblico per superare gli ostacoli ambientali

Nel dossier IROPI si evidenziano benefici strategici, economici e di protezione civile per giustificare l’opera nonostante gli impatti sui siti Natura 2000
ponte sullo stretto - sistema digitale BIM

Motivi imperativi di rilevante interesse pubblico: è questa la formula giuridica con cui il Governo Meloni prova a superare i vincoli ambientali europei che gravano sul progetto del Ponte sullo Stretto di Messina. Il dossier IROPI, trasmesso al Consiglio dei Ministri il 9 aprile 2025 e visionato da fonti qualificate, è il tassello chiave per ottenere il via libera all’infrastruttura più controversa d’Italia, in deroga alla Direttiva Habitat 92/43/CEE, che tutela i siti Natura 2000.

Il documento, di oltre 150 pagine, sostiene che l’opera risponde a un interesse nazionale e comunitario, e che non esistono alternative praticabili. Tutte le soluzioni vagliate – inclusi ponti sommersi, tunnel e potenziamento del traghettamento – risultano “tecnicamente non attuabili” o “economicamente insostenibili”. Di fronte a questa premessa, il Governo elenca i benefici attesi: integrazione territoriale, coesione economica e sociale, mobilità sostenibile, resilienza infrastrutturale, oltre a una maggiore sicurezza in caso di emergenze.

Collegamento stabile e continuo tra Sicilia e continente

Il Ponte è definito come l’unico mezzo per garantire un collegamento stabile, continuo e affidabile tra Sicilia e Calabria. Oggi l’attraversamento dello Stretto è subordinato a condizioni meteo-marine e comporta tempi di attesa anche superiori a 3 ore. Con la nuova infrastruttura, invece, il tempo stimato scenderebbe a 15 minuti netti in auto o treno. Una riduzione significativa, con ricadute su trasporto merci, logistica intermodale e turismo.

L’opera è inoltre integrata nella rete TEN-T (Trans-European Transport Network), il sistema infrastrutturale europeo. In particolare, il Ponte colmerebbe il tratto mancante del Corridoio Scandinavo-Mediterraneo, uno degli assi prioritari dell’UE. “La sua realizzazione – si legge – costituirebbe un avanzamento decisivo verso un mercato unico dei trasporti”.

Impatti ambientali “modesti e temporanei”

Uno dei passaggi più sensibili è l’impatto sull’ambiente. Il tracciato interferisce con tre Siti di Interesse Comunitario (SIC) e due Zone di Protezione Speciale (ZPS), coinvolgendo habitat prioritari come le praterie di Posidonia oceanica, le scogliere sommerse e zone costiere di alto pregio naturalistico.

Il dossier però minimizza la portata dei danni, definendoli “limitati e temporanei”. In particolare, sarebbero interessati solo 0,41 ettari di posidonia e 11,2 ettari di scogliere – numeri considerati contenuti rispetto alla dimensione complessiva degli habitat. Il Governo promette misure compensative ambientali proporzionali e concrete: dal ripristino degli ecosistemi marini alla rinaturalizzazione delle aree compromesse, fino a progetti di monitoraggio pluriennale su uccelli, cetacei, rettili e pipistrelli.

Sicurezza, protezione civile e difesa nazionale

Un altro fronte su cui punta l’Esecutivo è quello della sicurezza strategica e protezione civile. Il Ponte – si legge – rappresenterebbe una via d’accesso essenziale in caso di calamità naturali o eventi catastrofici. Le valutazioni sono state integrate con i piani di emergenza delle regioni coinvolte (Sicilia e Calabria), dei comuni di Reggio Calabria, Villa San Giovanni e Campo Calabro. In caso di terremoti nello Stretto, la presenza del Ponte permetterebbe lo spostamento rapido di uomini, mezzi, rifornimenti e forze armate.

Il documento riconosce il “conflitto tra valori costituzionalmente rilevanti” – da un lato la tutela dell’ambiente e della biodiversità, dall’altro la garanzia della mobilità, dell’equità territoriale e della sicurezza collettiva. Ma sottolinea che l’opera rientra pienamente nei casi previsti dalla Direttiva Habitat art. 6.4, che consente deroghe in nome di un interesse superiore.

Ricadute economiche: “100 mila posti di lavoro”

Il dossier stima in oltre 100 mila le unità lavorative tra occupazione diretta, indiretta e indotta durante la costruzione del Ponte. Viene anche ipotizzata una riduzione fino al 30% dei costi logistici per le imprese del Sud, oggi penalizzate dalla frammentazione infrastrutturale. Il Ponte diventerebbe così una leva per la crescita economica del Mezzogiorno.

Nel testo viene inoltre sottolineato che il progetto ha già superato le valutazioni di impatto ambientale, verifica di ottemperanza, analisi costi-benefici e validazione tecnico-amministrativa, in parte grazie anche al coinvolgimento della Commissione VIA e dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA).

Verso Bruxelles

Il dossier è stato trasmesso anche alla Commissione europea, che ora sarà chiamata a valutare la fondatezza della richiesta italiana. In caso di parere favorevole, l’opera potrà proseguire il suo iter autorizzativo. In caso contrario, potrebbero aprirsi scenari di inadempienza ai sensi della normativa comunitaria.

Ma intanto, sul piano politico, il Governo marca il territorio e ribadisce che il Ponte “non è solo un’opera pubblica, ma una scelta di civiltà”.

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